Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 01 febbraio 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Meccanismi molecolari dell’effetto antidepressivo della ketamina. Suscita grande interesse negli psichiatri la potenziale efficacia contro l’anedonia e l’abulia depressive della ketamina, un anestetico con potere analgesico e allucinogeno in dosi elevate, del quale ci siamo occupati numerose volte. La conoscenza dei meccanismi molecolari della sua azione è ancora molto limitata, e la scoperta che questo antagonista dei recettori NMDA agisce determinando un’attivazione del sistema oppioide ha destato notevole preoccupazione, soprattutto nei clinici dei paesi in cui la ketamina già si adopera nelle sindromi depressive gravi e resistenti ad altri trattamenti. Un nuovo studio condotto da Mattew E. Klein e colleghi ha accertato che la ketamina non agisce come un “μ-oppioide agonista”, ma accade che i recettori μ-oppioidi attivi svolgano un’azione permissiva nei confronti degli effetti antidepressivi della molecola. [Mattew E. Klein et al. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.1916570117, Jan 15, 2020].

 

Glutammato e Dopamina nella schizofrenia: nuove evidenze per comprenderne i ruoli. I farmaci antipsicotici classici e la maggioranza di quelli attualmente impiegati deprimono o modulano l’attività della dopamina, ma gli studi di psichiatria molecolare hanno dimostrato che i sistemi neuronici più alterati nella schizofrenia sono quelli che adottano il glutammato, ossia il neurotrasmettitore eccitatorio più importante per quantità e attività nell’encefalo umano.

Robert A. McCutcheon del King’s College London e colleghi hanno rilevato che fattori di rischio genetici ed ambientali per la schizofrenia sono responsabili dell’alterazione funzionale dei circuiti dopaminergici e glutammatergici. Ma, evidenze convergenti da differenti metodi di studio, indicano una diretta responsabilità di fattori genetici solo nella disfunzione dei sistemi neuronici che adottano come neurotrasmettitore il glutammato. Al contrario, solo poche varianti di rischio genetico sembrano implicate nelle attività dei sistemi a dopamina, indicando che l’alterazione aberrante della segnalazione dopaminergica è dovuta a fattori non genetici e verosimilmente conseguenti allo sviluppo dell’endofenotipo patologico cerebrale della psicosi. [McCutcheon R. A., et al. World Psychiatry 19 (1): 15-33, Feb. 2020].

 

L’analisi di geni associati all’autismo ha rivelato reti parallele sottostanti danni reversibili. Più di 100 geni sono stati implicati nell’etiologia dei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD), ma solo in pochi casi sono stati definiti i rapporti tra le funzioni di tali geni e i probabili meccanismi molecolari responsabili del fenotipo patologico. Troy A. McDiarmid e colleghi hanno impiegato Caenorhabditis elegans per definire il ruolo funzionale di 135 geni associati all’autismo. In tal modo hanno scoperto centinaia di rapporti genotipo-fenotipo, che vanno da gravi ritardi di sviluppo e movimenti non coordinati a lievi deficit sensoriali e di apprendimento. I ricercatori hanno quantificato 26 fenotipi – inclusi morfologia, apprendimento, locomozione e sensibilità tattile – in 27.000 animali in rappresentanza dei 135 genotipi, riconoscendo quale elemento comune l’alterazione della fisiologia dell’abitudine. In pratica, in tutti i casi era compromessa la capacità plastica di un circuito neurale di ridurre la risposta per effetto della ripetizione degli stimoli (habituation). L’analisi fenomenica della funzione dei geni associati all’autismo ha rivelato reti parallele sottostanti la compromissione reversibile della risposta di abitudine.

Il modello sviluppato da McDiarmid e colleghi può avere un’applicazione più generale per determinare le conseguenze funzionali delle varianti missense e accertare se le alterazioni fenotipiche siano reversibili. [McDiarmid T. A., et al. PNAS USA 117 (1): 656-667, 2020].

 

Mutazioni de novo in SLC6A1 accrescono il rischio di sviluppare psicosi schizofrenica. La schizofrenia è una patologia psichica altamente poligenica, con contributi eziopatogenetici da parte di alleli di rischio sia rari che comuni. Elliott Rees e colleghi hanno rilevato mutazioni de novo identificate mediante il sequenziamento dell’esoma implicanti rare varianti missense nel gene SLC6A1. Tali mutazioni, insieme con quelle di geni evoluzionisticamente correlati e di geni implicati nello sviluppo del sistema nervoso centrale, aumentano la probabilità di schizofrenia. [Elliott Rees, et al. Nature Neuroscience. AOP – doi: 10.1038/s41593-019-0565-2, 13 Jan. 2020]

 

 

L’epilessia compromette la codifica spaziale e la sincronizzazione degli interneuroni. L’epilessia del lobo temporale causa deficit cognitivi gravi, ma non sono stati ancora individuati i meccanismi di circuito responsabili di queste alterazioni. La morte di interneuroni e la riorganizzazione durante l’epilettogenesi può inficiare la sincronia dell’inibizione ippocampale. Per verificare questa ipotesi, Tristan Shuman e colleghi hanno registrato simultaneamente i neuroni del giro dentato e della regione ippocampale CA1, in topi epilettici trattati con pilocarpina, durante una navigazione virtuale con il capo fermo. L’attivazione degli interneuroni è risultata desincronizzata tra CA1 e giro dentato. Poiché gli interneuroni ippocampali controllano l’elaborazione dell’informazione, i ricercatori hanno valutato se la codifica spaziale da parte dei neuroni di CA1 fosse alterata nel circuito desincronizzato, mediante l’impiego di un nuovo tipo di wire-free miniscope. Shuman e colleghi hanno così rilevato che le cellule di luogo di CA1 erano instabili e completamente ri-mappate nel corso di una settimana. Questa instabilità spaziale è emersa circa 6 settimane dopo lo stato epilettico, ben dopo la comparsa di crisi croniche e la morte di interneuroni.

Infine, il modellamento della rete di CA1 ha dimostrato che gli input di desincronizzazione possono compromettere la precisione e la stabilità delle cellule di luogo di CA1. Nel complesso, i risultati dello studio dimostrano che una comunicazione intra-ippocampale temporalmente precisa è di importanza critica per l’elaborazione spaziale. [Shuman T., et al. Nature Neuroscience. AOP – doi: 10.1038/s41593-019-0559-0, 06, Jan. 2020].

 

Chiarito un aspetto della trasmissione delle tau patologiche nelle taupatie. Le taupatie, che includono malattie quali Alzheimer, Pick, Down, degenerazione corticobasale, vari tipi di parkinsonismi e demenze familiari, sono spesso caratterizzate dalla deposizione di forme patologiche della proteina tau associata ai microtubuli. Le tau patologiche provenienti dalle diverse malattie neurodegenerative si presentano come isoforme specifiche, con specificità anche per il tipo cellulare. I meccanismi molecolari sono ancora poco conosciuti. Zhuohao He e colleghi hanno dimostrato che la trasmissione dei singoli tipi di tau patologica è indipendente dalla composizione dell’isoforma della proteina, ma è specifica per le conformazioni patologiche che sono uniche per ciascuna malattia. [Zhuohao He, et al. Nat Commun 11 (1): 7, Jan 2020].

 

La nostra intelligenza potrebbe essere dovuta a un passato da predatori. A un recente incontro della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life Italia” è stato proposto il testo di una conferenza della serie “James Arthur” sull’evoluzione del cervello umano, in cui Charles Kimberlin Brain raccontava di come fosse stato indotto da Raymond Dart a dedicare molti anni della sua vita alla definizione dei principi di una nuova disciplina del campo paleontologico, la tafonomia delle caverne. Questa branca specialistica dello studio dei fossili cerca di ricostruire le circostanze della morte di animali preistorici e ominidi per ottenere informazioni sul loro comportamento e sulla paleoecologia dell’epoca. Nel corso dell’incontro, i soci hanno discusso e confrontato con le tesi evoluzionistiche maggiormente accreditate l’ipotesi secondo cui lo sviluppo senza pari tra i primati dell’intelligenza umana sia fondamentalmente da ascriversi a un passato da predatori, che avrebbe creato condizioni di vita in grado di stimolare lo sviluppo neocorticale e dei sistemi neuronici alla base delle abilità richieste per superare i problemi connessi con quella condizione. [C. K. Brain, Do We Owe Our Intelligence to a Predatory Past? James Arthur Lecture 2000 – BM&L Meeting 2020].

 

Notule

BM&L-01 febbraio 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

                                                                                                 

 

 

 

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